Le idee socialiste

Rodolfo Morandi 

I socialisti sono dichiaratamente democratici nelle finalità e nei metodi, e il metodo democratico, cui si conformano, costuiisce la loro caratteristica distintiva. Come rivendicazione immediata della lotta antifascista, i socialisti tendono ad una democrazia che sia diretto governo di popolo. Un popolo che si governa emanando leggi e decreti, e con disposizioni ai prefetti, ma movendo tante altre leve: coi contratti di lavoro, con la stampa, con tutta la rete di istituzioni su cui poggia materialmente la vita civile. E tutto questo apparato dovrà essere reso al popolo, perchè sia il popolo a reggersi e ad esprimere direttamente dal suo seno le forze e il progresso della sua ascesa. Non si può perseguire come fine la democrazia senza praticarla, senza praticarla perfino all’interno dello stesso partito. La democrazia non risulta meccanicamente dal funzionamento di istituti e da garanzie che si possono fondare nelle leggi. La democrazia è scuola a sé stessa, e se è dalla coscienza dei propri valori che la democrazia trae alimento, è nella pratica costante e sistematica del metodo democratico che questa coscienza si affina.”

Idea e azione socialista , 1944

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Lelio Basso

“[..] il senso della nostra visione costituzionale è quello che ispira tutta l’attività politica del nostro Partito, cioè che la democrazia che noi vogliamo realizzare in questa Costituzione non è un problema astratto, ma un problema concreto; non è soltanto questione di leggi, di articoli sulla, carta, ma è questione di partecipazione effettiva, di tutti, è questione, vorrei dire, di vita e di sicurezza economica, per lo meno altrettanto quanto di articoli sanciti nella legge, è un problema di salari, è un problema di diritto al lavoro, per lo meno altrettanto quanto è un problema di diritto di riunione o di associazione. Nessun istituto giuridico, nessuna legge, nessun congegno ben costruito di meccanica costituzionale potrà mai garantire una democrazia che non abbia le sue radici nella cosciente, matura, effettiva partecipazione del cittadino alla vita collettiva, alla gestione degli interessi pubblici, si chiamino essi economici o politici. Ecco perché, come dicevo in principio, le due grandi aspirazioni che sono oggi nella coscienza di tutti, quella di libertà e quella di giustizia sociale sono, in fondo, due aspetti di una sola aspirazione, che si realizza veramente solo se si realizza nei suoi due momenti. Se noi riusciremo a tradurre nella nostra Carta costituzionale questa grande aspirazione di libertà e di giustizia sociale intesa nel senso che non c’è libertà senza giustizia sociale, che non c’è democrazia politica se non c’è democrazia economica; se noi riusciremo a tradurre nella Carta costituzionale quei principî in cui si incontrano i più antichi motivi della civiltà cristiana, le più vive esigenze della democrazia e le più profonde aspirazioni del movimento socialista, noi avremo realizzato una grande opera: non solo avremo assolto al compito che ci è stato affidato dai nostri elettori, ma avremo veramente fatto qualcosa di un’importanza storica, avremo inserito nella vita dello Stato le grandi masse lavoratrici, avremo cioè dato una garanzia di sviluppo democratico al movimento sociale. Noi crediamo profondamente in una democrazia così intesa, e noi ci batteremo per questa democrazia. Ma se altri gruppi avvalendosi, come dicevo in principio, di esigue ed effimere maggioranze, volessero far trionfare dei principî di parte, volessero darci una Costituzione che non rispecchiasse quella che è la profonda aspirazione della grande maggioranza degli italiani, che amano come noi la libertà e come noi amano la giustizia sociale, se volessero fare una Costituzione che fosse in un certo qual modo una Costituzione di parte, allora voi avrete scritto sulla sabbia la vostra Costituzione ed il vento disperderà la vostra inutile fatica.”

Intervento all’Assemblea Costituente, 6 marzo 1947

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Pietro Nenni

Il prezzo che la Camera dovrebbe pagare all’immobilismo centrista è il premio di maggioranza. E forse in tutto ciò vi è anche un elemento comico, giacché – assai probabilmente – la legge non è necessaria; non è cioè detto che la Democrazia cristiana, per governare, abbia bisogno di ricorrere a trucchi e a truffe elettorali, oppure all’allevamento, nella palude di Montecitorio, di quella speciale e strana razza di rane detta dei «minori». Sarebbe, cioè, impossibile capire quanto succede se si prescindesse dalle influenze straniere. Sarebbe cioè impossibile capire la politica interna, in cui la legge elettorale si inserisce, senza por mente al fatto che questo è il prezzo che la destra italiana paga alla destra mondiale, è la conseguenza della pressione straniera sulla vita interna del nostro Paese, è il risultato di rapporti di alleanza che non concernono solo l’eventualità di una guerra, ma coinvolgono la perdita di ogni nostra autonomia nella vita economica, nella vita sociale e in quella politica. Se di ciò è ancora necessario avere la prova, ce l’ha data l’onorevole Presidente del Consiglio, il quale, mentre dai nostri banchi partiva contro la maggioranza l’accusa che la legge elettorale è il risultato di una pressione straniera, proponeva al Consiglio atlantico il pool delle polizie. E mi lasci dire la Camera come di pool delle polizie ne abbiamo già conosciuto uno: quello grondante di sangue, e di lacrime delle polizie fascista e nazista onde questa vergogna per l’onore dell’Italia poteva e doveva essere evitata! Onorevoli colleghi, io mi domando se votare questa legge sia possibile a chi si pone il problema del domani. L’onorevole Gonella concluse la sua relazione al congresso della Democrazia cristiana di Roma con le parole : «il nostro tema è: domani». Sono belle parole. «Domani» è il tema di tutti gli uomini che sanno guardare al di là dell’attimo fuggente; «domani» è il tema di tutti coloro che costruiscono qualcosa che deve durare più di loro e che possono quindi trascurare gli elementi secondari e fissarsi sugli elementi fondamentali; «domani» è un grande tema per grandi partiti. Ma io mi domando se davvero voi della maggioranza il tema «domani» ve lo siete posto mentre elaboravate questa legge. E io sono convinto che il problema di «domani» non ve lo siete posto né sul piano della storia né su quello della politica. Non sul piano della storia, giacché non è necessario che io ricordi alla Camera come il problema che abbiamo ereditato dal Risorgimento, e che ancora non è stato risolto, sia quello dell’inserimento delle masse nello Stato. […] Vi siete chiesti, onorevoli colleghi, quali problemi si presenteranno alla prossima legislatura, quali problemi il Parlamento di domani avrà da risolvere? O debbo io credere che voi fate una legge elettorale senza interrogarvi sul compito e l’autorità della Camera che da essa prenderà vita? […] Vi sono, onorevoli colleghi, conflitti sociali che vanno considerati molto seriamente. Vi sono i disoccupati che che letteralmente non ne possono più, vi sono i pensionati in istato di esasperazione, vi è stato in questi giorni uno sciopero nei ministeri finaziari e si considera pressoché ineviabile un secondo sciopero dei ferrvieri. Quando si tratta di conflitti coi dipendenti dello Stato, il Governo tenta qualche volta la mediazione del Parlamento. Che mediazione sarebbe quella di un Parlamento nel quale ci aveste costretti a costituirci una specie di Aventino interno o ci aveste ridotti ad un ostruzionismo pemanente?”

Intervento contro la “legge truffa”,  18 dicembre 1952

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Riccardo Lombardi

Non c’é dubbio che quando si parla di cambiamenti della società italiana, di cambiamenti spontanei in corso e di cambiamenti attraverso l’iniziativa politica, si parla di cambiamenti di struttura. E quando io parlo di cambiamenti di struttura, parlo principalmente della struttura economica e del meccanismo sociale dei rapporti di potere nel nostro paese. Tra le istituzioni, non dimentichiamolo, vi sono anche i partiti e certamente questi, nella loro organizzazione, hanno riflesse in sé le difficoltà della struttura del paese: partiti anchilosati, con una vocazione a guardarsi l’ombelico, a guardare più se stessi che fuori, a ragionare nel chiuso elitario. Il fatto non deve scandalizzare, ma deve essere riconosciuto per essere emendato. […] In larga misura le scelte delle forze politiche sarebbero completamente puntate nel vuoto, se esse non fossero in qualche modo precedute dai movimenti sociali che le propongono e le giustificano. Si risolvono i problemi che la società concretamente pone. I problemi veri sono quelli posti per necessità reale, rivelati appunto in qualche modo dalla società. I partiti possono essere quelli che li recepiscono se sono in grado di farlo; qualche volta li possono anche anticipare, ma difficilmente li possono inventare.”

L’alternativa socialista, 1976

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Francesco De Martino

Allora vuol dire che se c’è una volontà politica, se vi sono degli uomini impegnati che credono in certe cose non è detto che il sistema parlamentare debba essere lento ed inefficiente; lo diviene se non c’è omogeneità, se non vi è intesa, se manca una seria volontà poltica di affrontare insieme i problemi del paese. Certo un regime autoritario non ha i freni della democrazia ed i ritardi che essi comportano, ma può condurre a grandi catastrofi per decisioni prese da una sola persona, come l’esperienza insegna. Senza dubbio in anni recenti abbiamo imparato a conoscere più grandi difficoltà e lentezze derivanti dalla realtà e dal sistema politico, basti pensare a leggi importanti, come quella sull’equo canone o sulle pensioni, per fare degli esempi, che non sono state approvate da anni: ma questo non dipende necessariamente dalla natura del sistema parlamentare, piuttosto dai rapporti anacronistici fra i partiti ed anche dagli uomini che li dirigono.”

Commemorazione di Giacomo Brodolini, 30 aprile 1988