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Il PSI non è terminato nel 1992! Un patrimonio politico che non può essere di altri, di Paolo Gonzales

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Il servizio sulla storia del PSI, riproposta da RAI STORIA l’8 luglio c.a.,risulta ben fatto anche se risente della ovvia ristrettezza dei tempi tecnici. Molto puntuali i commenti e in particolare della professoressa Simona Colarizi che chiarisce, con argomentazioni ed analisi non contestabili, i veri motivi che hanno determinato la svolta politico-giudiziaria del ’92. Ma la storia del PSI non si limita ai soli grandi leader del servizio: Nenni, De Martino e Craxi così come non sono terminati nel ’92 il ruolo ed i valori del socialismo nel nostro Paese e fuori dai nostri confini. Manca un benché minimo accenno ad una grande parte storico-politica che è quella molto più direttamente riferibile al mondo del lavoro, alla scuola, al meridione, alle risposte concrete che hanno dato i socialisti per la crescita democratica, sociale, culturale ed umana della nostra società e di tutta la società europea ed internazionale.

Vale ricordare il contributo di alcuni altri importanti leader quali Giacomo Mancini, Lombardi, Codignola, Antonio Landolfi; Sisinio Zito, Signorile, Ruffolo e tantissimi altri che hanno avuto un ruolo determinante per il radicamento dei principi e valori del socialismo nelle popolazioni del nostro Paese e dove esistevano condizioni di non libertà. Giova riportare parte della “lettera ai calabresi” di Giacomo Mancini del 29 gennaio 2000, nel ricordo del segretario B. Craxi:

[…] Il PSI deve impegnarsi per sfatare una falsità che qualcuno ha interesse a diffondere e che riguarda la sua storia. Dobbiamo dire, gridare se necessario, che il PSI è stato sempre un partito dell’area di sinistra, non socialdemocratico, Nessuno può decidere che la nostra presenza in quest’area sia usurpata. Il PSI è stato a sinistra in tutta la sua storia, anche con la segreteria Craxi. Elemento determinante della nostra storia, che ha comportato il pagamento di prezzi altissimi, è stato sempre l’attenzione per chi operava a sinistra, da Nenni al momento della scissione saragattiana, a Craxi che è rimasto nel partito al momento della scissione di Tanassi. A questa nostra collocazione nazionale e internazionale dobbiamo restare fedeli… specialmente in ogni campagna elettorale alla quali dobbiamo dare un forte connotato di presenza socialista.

In tutti i periodi, i socialisti hanno concorso, anche più di altri, al successo dei programmi e delle posizioni moderne del socialismo italiano ed europeo. Dobbiamo difendere queste caratteristiche e non saremo mai alleati della destra […] senza di noi la destra vince. Quella parte della destra che abbiamo visto ai funerali di Craxi non può ritenere di giovarsi né del nostro dolore né della nostra giusta polemica nei confronti di non è stato nostro amico in questi ultimi anni.

L’espiazione socialista deve avere fine ed i socialisti devono farsi sentire […] siamo il partito della verità e tra le verità c’è anche quella che molto socialisti che sono stati in passato vicino a Craxi devono rendersi conto che non è questo il momento delle loro riabilitazioni, è il momento del riconoscimento dei loro errori. Agendo con onestà possiamo riacquistare un posto nella storia italiana. Quel posto ci spetta, ne siamo orgogliosi e vogliamo insegnare questo orgoglio alle nuove generazioni, che dovranno riprendere un discorso bruscamente ed ingiustamente interrotto. Questo deve essere il nostro obiettivo di noi socialisti, di noi che qui oggi ci ritroviamo in un abbraccio doloroso, ma anche aperto ad una rinnovata voglia di esserci, di farsi sentire, di fare emergere ideali mai dimenticati di cui nessuno può privarci. […]”

Nel servizio, inoltre, manca il riferimento sia il fatto che l’assenza dei valori socialisti nello schieramento politico e nel governo del Paese ha determinato un svolta “conservatrice” che anche questo governo non intende abbandonare e che la nostra società ha sete di socialismo non fosse altro per le disuguaglianze che hanno determinato e stanno determinando nel corpo e nell’ambiente sociale i vari governi succedutesi nell’arco degli ultimi anni.

Ritengo, a margine di questa lettera di Giacomo Mancini riproposta, che noi socialisti di oggi riteniamo di avere un patrimonio politico di anni di lavoro e di impegno e non crediamo che esistano validi motivi per regalarlo ad altri partiti e ad altre formazioni politiche, in particolare oggi dove la politica degli ultimi governi ha dimenticato se non affossato la “questione sociale” nella gestione del potere quotidiano.

Per quando riguarda il Partito, noi compagni di base confidiamo nella attenzione dei nostri dirigenti per il semplice fatto che, così come ci hanno insegnato i nostri leader socialisti, abbiamo grande rispetto e fiducia nel partito e verso il gruppo dirigente anche quando non concordiamo sulle posizioni e scelte politiche. Se interveniamo lo facciamo per sconsigliare gesti, comportamenti scorretti e non in linea né con il nostro passato, ma soprattutto con quanto di oggi significa socialismo in Italia ed in Europa.

Non è nostro costume ricorrere a sistemi che discreditano il partito ed il ruolo che ha avuto per lo sviluppo democratico del nostro Paese e in molti Paesi del pianeta. Chiediamo allora se possiamo dire di no a questo PD? Possiamo dire di no al Capo del Governo? Chiediamo, inoltre, che il nostro gruppo dirigente sia coerente e non decida la linea del partito secondo gli umori della stampa o di un sondaggio. Non comprendiamo e giustifichiamo il capo del governo che un giorno afferma che quanto approvato in Parlamento, con voti di fiducia e voti senza un vero ed ampio dibattito parlamentare, sia per la revisione costituzionale che per la legge elettorale (Italicum), non sono rivedibili e se dovesse vincere il NO lui si dimette, ed il giorno dopo minimizza e afferma il contrario e che sono altri che vogliono personalizzare l’esito del referendum e non lui. Così come chiediamo coerenza ai nostri dirigenti ed ai nostri parlamentari che hanno votato “con convinzione” sia le modifiche costituzionali che l’Italicum di non fare marcia indietro perché ne va della loro stessa dignità di rappresentanti dei cittadini. Non sono e non sarebbero un buon esempio per tutti noi. Se prima siete stati “costretti a votare e non eravate d’accordo allora dovete denunciare chi via costretto e per quali motivi; in caso contrario è corretto chiedervi di essere coerenti. In aula esiste la libertà di voto e nessuno può toglierla a chi è, a chi si sente ed a chi rappresenta i socialisti. Non si può cambiare linea e posizione al piccolo stormir di fronda o per convenienza. I risultati delle amministrative di Roma, Torino non sono da insegnamento? Fate in modo di essere orgogliosi della posizione assunta anche molti socialisti non vi hanno compreso. Siate coerenti anche di fronte alle critiche interne; critiche che significano dibattito, scambio di idee e confronto aperto.

Noi compagni “non ubbidienti” riteniamo che ciò sia possibile e continueremo a portare avanti le nostre idee e chiedere un confronto quando ci troviamo di fronte a scelte di questo nuovo ed attuale PD che assumono il significato di voler rafforzare un sistema di potere e non di rottamarlo e notiamo che di fronte a questo si avverte “un grande silenzio” socialista.

Paolo Gonzales

Strada segnata, di Bobo Craxi

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La politica non è matematica ma ha pur sempre una sua logica. 

A chi si ostina a pensare e predicare una modifica della Legge Elettorale detta “Italicum” Renzi ha risposto tagliando di corto, non se ne parla neanche. 

Non si tratta di ostinazione dovuta al carattere ma ad una logica stringente per la quale Egli ha raggiunto il doppio traguardo ( guida del Partito e del Governo) vaticinando una soluzione dei mali italiani attraverso il drastico ridimensionamento della democrazia politica, dei suoi costi e di ciò che viene ritenuto del tutto accessorio ovvero un pluralismo di forze politiche disomogenee unite al solo scopo di governare. Per quello basto io-Egli pensa- Una forza che ha nel suo seno la cultura di Governo ed una di opposizione. A chi obietta che ormai le forze politiche italiane in grado di superare gli scogli dello sbarramento sono almeno tre ( ma forse persino di più) Egli risponde che se la vedranno fra di loro. Dopo trent’anni di chiacchiere dobbiamo far vedere ai nostri alleati europei e mondiali che l’Italia è una democrazia fondata su un bipolarismo che la “sera delle elezioni” dovrà sapere chi ha vinto e chi ha perso. 

Sin qui il pensiero logico e determinato di un uomo politico che persegue una strada che è già segnata, che non prevede curve e neanche sconfitte.

Chi aveva da porre un problema di pluralismo, di compatibilità fra Leggi Elettorali e pluralismo delle democrazie, essendo l’Italia un paese di democrazia politica matura, fondata non nel 2014 ma con forze e tendenze politiche e culturali risalenti all’inizio del secolo scorso e persino prima, avrebbe dovuto porlo in Parlamento con un voto contrario e negando queste disposizioni che nella migliore delle ipotesi consegneranno ad una minoranza politica ed al suo capo le chiavi dell’intera democrazia italiana e nella peggiore genereranno il caos politico di cui ne abbiamo visto le prime avvisaglie con l’inconcludenza ed il pasticcio del caso romano.

Capisco i dubbi sollevati dal mio amico Mauro del Bue in seno al piccolo Psi ( partito di cui continuo a far parte), ma la partita con gli alleati è da considerarsi chiusa, verrà risolta a titolo personale con un diritto di tribuna per ciascuno dei fedeli alleati che hanno garantito a Renzi una discreta navigazione ed una lealtà a diciotto carati nei frangenti dove il Governo ha avuto delle vistose defaillances.

Si tratta o di togliere la spina in questi mesi, non raccogliendo l’illusoria speranza che dopo il referendum si possa rimettere mano alla legge elettorale, oppure di cambiare la spalla al proprio fucile e passare in una limpida posizione di opposizione ai quesiti referendari, chiedendone il differimento del voto e lo spacchettamento degli stessi, dinnanzi alla ovvia considerazione che dopo la Brexit tutte le legislazioni nazionali dovranno modificare i propri assetti istituzionali calibrando il rapporto fra l’Unione e i paesi sovrani rigenerando il più possibile il carattere democratico del rapporto coi cittadini.

La strada è segnata, per evitare una resa del centro-sinistra di fronte alle forze anti-sistema è necessario cambiare politica.
Per i socialisti io penso non sia mai troppo tardi e, per quello che comincio ma constatare, è possibile che una ragionevole posizione di ripensamento e di allontanamento dalle ragioni ottuse ma logiche di Renzi sia necessaria.

Bobo Craxi

I socialisti per il NO al referendum costituzionale, di Felice Carlo Besostri

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Quest’autunno si gioca la partita decisiva per le sorti della democrazia italiana, messa in pericolo dall’intreccio perverso tra la deforma costituzionale e una legge incostituzionale iper-maggioritaria, come l’Italikum.

Noi socialisti abbiamo un dovere storico di rispettare la nostra storia e i nostri valori: contro la legge Acerbo l’inizio “legale” del regime fascista i socialisti hanno condotto una lotta intransigente, che è stata pagata con l’assassinio di Giacomo Matteotti e senza l’Assemblea Costituente, nella quale i socialisti erano la maggiore fomazione della sinistra e che la vollero con determinazione, insieme con la forma repubblicana dello Stato, la Liberazione dal nazi-fascismo non sarebbe stata coronata dalla nostra Costituzione. ”L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, nella quale “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” formulazione che esclude ogni forma plebiscitaria e l’esistenza di ogni concentrazione di potere in un partito e in una persona. Per questo i socialisti sono stati in prima fila, con i discorsi appassionati di Pietro Nenni, contro la cosiddettta legge truffa, che assegnava il 65% dei seggi, a un passo dai 2/3 per cambiare la Costituzione senza rischi di referendum, alla coalizione, che avesse raggiunto il 50%+1 dei voti. Il sistema elettorale è essenziale per poter garantire una rappresentnza, rispettosa dei valori della Costituzione, che non può essere cambiata da forze che non rappresentino la maggioranza reale del popolo, uno depositario come corpo elettiorale della sovranità.

Non per ragioni formali, ma sostanziali, come potrebbe altrimenti realizzare i suoi compiti? Grazie al socialista Lelio Basso abbiamo un secondo comma dell’art. 3, quello sull’uguaglianza, afferma solennemente, che “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limutando di fatto la libert e l’eguagluianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva parytecipazione di tutti i lavoratori all’organizazione politica, economica e sociale del Paese”.

In particolare, come socialisti, non posssiamo tollerare l’uso della parola “RIFORMA”che non sia una modificazione migliorativa. La revisione promossa dalla coppia Renzi-Boschi dietro al paravento demagogico di una riduzione del numero dei Senatori, mantiene una camera di 630 deputati, quando una riduzione del 10% delle indennità di tutti i parlamentari avrebbe consentito risparmi molto maggiori, come anche la riduzione dei privilegi delle Regioni autonome. Le parole contro la casta, come se questa fosse composta solo da Senatori, mette al sicuro con l’immunità consiglieri regionali e sindaci, protagonisti di malversazioni e corruzioni. Non uno dei problemi viene risolto non la semplificazione e accelerazione del procedimento legislativo, il cui problema principale è la qualità delle leggi e il loro numero eccessivo, da un articolo 70 di 9 parole, ”La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere” si passa a sei commi di 422 parole: talmente confuso, che nemmeno i costituzionalisti si sono accordati sul numero dei procedimenti di approvazione delle leggi si va da sei a dieci. Non si potranno più fare leggi organiche, come i resti unici che regolino materie la cui competenza non sia esclusiva della Cammera dei deputati.

Tamponati i conflitti Stati-Regioni, con una nuova centralizzazione, si aprono continui conflitti tra Camera dei Deputati e Senato della Repubblica. Si affermano principi come che i senatori consiglieri debbono essere eletti dai Consigli regionali “con metodo proporzionale” e si fissa un numero di 95 senatori eletti di secondo grado, di cui 21 sindaci, che nella maggioranza dei casi prevede di eleggere un consigliere senatore e un sindaco: impossibile farlo con metodo proporzionale!. La nomina del Presidente del Consiglio, in violazione dell’art.92 Cost., viene afidato ad un ballottaggio, cui sono ammesse le due liste più votate tra quelle sopra la soglia del 3%, senza alcuna soglia minima di votanti e di voti validi per avere lo stesso premio di maggioranza di 340 seggi, attribuito ad una lista che al primo turno avesse avuto il 40% dei voti validi, cioè comprensivi delle schede bianche e delle liste sotto soglia: assurdamente il premio di maggioranza è tanto più alto, quanto minore è il consenso elettorale!

Il premio di maggioranza consenta ad un sola lista e ad un Presidente del Consiglio, che ne sia alla testa come capo poliitico di controllare/determinare l’elezione del Presidente della Repubblica, per il quale dalla settima votazione non serve più la maggioranza assoluta del Parlamento in seduta comune ma solo i 3/5 dei votanti e quindi la maggioranza della Corte Costituzionale sarà controllata dall’accoppiata Presidente della Repubblica.

Basta e avanza per dire un chiaro e rotondo NO socialista!

Felice C. Besostri

Il popolo italiano e i suoi diritti, di Alberto Benzoni

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Alberto Benzoni

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Con Renzi abbiamo conquistato, anzi ci è stato erogato un nuovo diritto: quello di sapere, la sera stessa delle elezioni, chi ha vinto.

Nuovo, forse. Importante, non si sa bene perchè. Comunque, meno importante di altri che ci sono stati tolti per la loro asserita inutilità. Quello di votare: perchè per le province, per gli enti intermedi,
per il senato, questo diritto ci è stato già tolto. Quello di difenderci dalla devastazione ambientale: perchè, con lo sblocca Italia, quasi tutto sarà permesso. Quello di difendere collettivamente gli interessi dei lavoratori: perchè ci si confronterà a livello aziendale e vinca il migliore.
Quello di avere uno stato che ci difenda: perchè si continua a demolirne il ruolo e l’autorità. Quello di controllare l’attività dell’esecutivo: perchè avremo una Corte costituzionale a sua immagine e
somiglianza. Quello di vedere rispettata la nostra opposizione: perchè questo esercizio verrà considerato inutile e dannoso, per non dire antiitaliano. Quello di avere un governo, frutto di scelte largamente condivise: perchè vivremo in una democrazia in cui tutto il potere apparterrà ad una minoranza. Abbiamo però una occasione unica e irripetibile per dire no, per fermare tutto questo. Possiamo e dobbiamo utilizzarla dicendo no al referendum promosso da Renzi.

Ve lo chiediamo come socialisti; ma in nome della democrazia liberale. Perchè la democrazia liberale è l’aria che respiriamo. La causa che ci accomuna.

Alberto Benzoni

La Costituzione di Lelio Basso, l’eguaglianza possibile e l’attacco ai nostri diritti, di Marco Zanier

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Attribuiva grande valore al movimento di resistenza non solo perché aveva combattuto per la libertà e la giustizia ma perché essendo stata una lotta di popolo aveva promosso la partecipazione delle masse alle scelte politiche del Paese”. Così Aldo Aniasi [1], partigiano in Valsesia e nella Repubblica dell’Ossola, dirigente socialista di livello e poi sindaco di Milano inquadrava un aspetto centrale del pensiero di Lelio Basso.

Resistenza, lotta di popolo, partecipazione delle masse possono sembrare a noi oggi cose circoscritte nel tempo della guerra di liberazione e lontane dai nostri giorni ma invece costituiscono ancora l’intelaiatura di alcuni articoli molto importanti della nostra Costituzione, il n. 3 e il n. 49, che proprio Basso ha contribuito in modo determinante a scrivere e costruire nella loro forma definitiva.

Come ha detto lucidamente Stefano Rodotà[2]:Contraddizione e conflitto, e partecipazione dei lavoratori, ci conducono così al capolavoro istituzionale di Basso (assistito dalla fiduciosa sapienza giuridica di Massimo Severo Giannini): all’art.3 della Costituzione, e soprattutto a quel suo secondo comma sull’eguaglianza sostanziale che innesta sul tronco istituzionale la contraddizione sociale, che forza le istituzioni a misurarsi con il conflitto tra esclusione e partecipazione. Si precisano così le modalità dell’intreccio tra lotta politica e strumenti istituzionali, e il ruolo di questi strumenti nel processo rivoluzionario”. Chiarendo senza possibilità di dubbi quello che Basso immaginava col termine “rivoluzionario”: “Un processo le cui caratteristiche diventano più chiare nel momento in cui il riferimento alla legalità non allude ad un “dopo”, ad una legalità rivoluzionaria che si pone come momento terminale, successivo alla presa del potere realizzata per vie diverse, ma diventa una delle componenti essenziali di una lotta politica e sociale, qualificando così modalità e caratteri di quel processo.”

La commemorazione di Stefano Rodotà, è chiaramente più ampia di questi pochi passaggi, abbraccia un periodo più vasto che comprende l’impegno di Basso nell’Assemblea Costituente, ma anche il suo contributo nel 1976 alla stesura del documento fondante del diritto delle Nazioni Unite, la cosiddetta Carta d’Algeri, in cui lui individua un legame sostanziale tra la rimozione degli ostacoli materiali per l’individuo indicata nell’art. 3 della Costituzione italiana e quelli per i i popoli nella carta del 1976. E questo ci riporta al momento iniziale del nostro ragionamento, alle parole del partigiano Aldo Aniasi che vedeva nel socialismo di Basso un processo in divenire per portare attraverso la lotta di popolo le masse alla partecipazione democratica del potere.

Ma chi era in quegli anni Lelio Basso e cosa aveva significato il suo pensiero negli anni precedenti la lotta di liberazione e la Resistenza? La domanda non è delle più semplici ma è estremamente importante perché ci permette di ricostruire le origini di un’elaborazione teorica tra le più significative del Novecento che tanto ha influenzato negli anni successivi gli sviluppi e l’affermazione di una politica di classe che è stata uno degli aspetti migliori del socialismo italiano del dopoguerra.

Tra i molteplici studi che si sono susseguiti negli anni su di lui, segnalo per tanti motivi l’ultimo ampio lavoro di Chiara Giorgi[3] che ne ricostruisce il percorso dalla sua formazione alla costruzione passo dopo passo della nostra Carta costituzionale nei lavori dell’Assemblea Costituente.

Basso, che apparteneva alla generazione di Piero Gobetti, Rodolfo Morandi e Carlo Rosselli, ossia di coloro che sentivano sulle loro spalle il peso e la responsabilità di una generazione da reimpostare seguendo gli insegnamenti di Antonio Labriola e Rodolfo Mondolfo, fin dai primi saggi negli anni Venti ha espresso una consapevolezza rara del dover dare vita ad un processo che facesse rinascere su basi nuove il socialismo italiano partendo sia da una lettura attenta dell’opera di Marx che dalla necessità di registrare la coscienza di classe del proletariato. Fin da questi primi scritti, il cammino delle masse proletarie si configura come una pressione del lavoro sul capitale e della classe lavoratrice sullo sviluppo della grande industria. Negli anni insomma dell’affermazione vittoriosa e tronfia del fascismo, con la negazione dei diritti essenziali ed il controllo del regime sulla classe operaia, Lelio Basso, afferma che “il socialismo dev’essere non solo lo sbocco cosciente della rivoluzione proletaria, ma anche la realizzazione del pensiero filosofico del proletariato”. Saranno queste le premesse dell’antifascismo di classe degli anni Trenta, quel Centro socialista interno diretto da Rodolfo Morandi e costruito clandestinamente con Eugenio Colorni, Lucio Luzzatto ed Eugenio Curiel che avrebbe impostato, con maggiore consapevolezza del gruppo di Giustizia e Libertà ormai falcidiato dal regime, le premesse di classe della futura Resistenza e della collaborazione tra socialisti e comunisti per la creazione di un futuro democratico del Paese.

È questo il terreno da cui nasce e si sviluppa in lui la necessità di fare posto alla partecipazione popolare alla democrazia unita alla tutela dei diritti inviolabili della persona umana nell’ordinamento del nuovo Stato italiano. Per questo si batterà con successo nell’Assemblea Costituente per costruire l’impianto dell’articolo 3 e dell’articolo 49 in relazione a quanto espresso nell’articolo 1, ossia normare l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e la loro possibilità di associarsi liberamente per partecipare alle scelte politiche della Repubblica democratica fondata sul lavoro. Se entriamo ora nelle pieghe della scrittura della Carta costituzionale, diventano ancora più appassionanti le sue posizioni e le sue battaglie per far passare i principi del socialismo e del rispetto dei diritti fondamentali dell’individuo, visto come parte di un insieme di lavoratori che hanno il diritto di trasformare progressivamente i rapporti di forza che ancora determinano l’esclusione dai processi decisionali.

L’articolo 3

Tutti conosciamo, credo, il testo dell’articolo 3 della nostra Costituzione, che recita:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Ma dietro questo articolo forse non molti di noi sanno quanto lavoro c’è stato da parte dei costituenti ed in particolare di Lelio Basso, che è riuscito a fare affermare alla nostra Costituzione che non si realizzerà l’uguaglianza affermata nel primo comma (“tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”) , se lo Stato italiano non avrà rimosso gli ostacoli che impediscono ai suoi cittadini di avere la sostanziale uguaglianza (comma due).  Ed essendo in contrasto il comma due (ci sono ostacoli da rimuovere per realizzare l’uguaglianza ) col comma uno (tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge) esiste nell’art. 3 la concezione dei rapporti di forza sociali da modificare progressivamente in uno Stato democratico, di chiara derivazione marxista, che Basso espresse più tardi [4] con queste parole: “riconosce che in Italia c’è un ordine sociale di fatto che è in contrasto con l’ordine giuridico”.  Se la definizione dell’eguaglianza sostanziale che spetta di diritto ai cittadini si configura come un processo in divenire, è anche la critica della definizione di “uomo naturale e isolato” che il suo contributo in Assemblea costituente contesta, affermando che la persona è al centro dei rapporti umani e sociali e si afferma all’interno del contesto sociale. Ed  anche questo è evidentemente un concetto di derivazione marxista che lui porta dentro la legge fondamentale del nuovo Stato italiano.  Non si capisce la portata delle affermazioni contenute nell’art. 3 se non si tiene presente la visione politica complessiva di Basso che nel 1947 [5] espresse con queste parole: “Noi pensiamo che la democrazia si difende […] non cercando di impedire o ostacolare i poteri dello Stato, ma al contrario, facendo partecipare tutti i cittadini alla vita dello Stato […]. Solo se noi otterremo che tutti siano effettivamente messi in condizione di partecipare alla gestione economica e sociale della vita collettiva, noi realizzeremo veramente una democrazia”.

L’articolo 49

L’altro articolo della nostra costituzione sul quale dobbiamo soffermarci è il 49, che recita:

Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.

 Anche qui l’impegno di Basso è stato fondamentale e già da una prima lettura se ne può scorgere il nesso profondo con quanto sancito dall’art.3. Ma nondimeno è legato strettamente con quanto scritto nell’art. 1, secondo cui la sovranità appartiene a tutto il popolo.  È con il riconoscimento ai partiti del ruolo di strumenti democratici per determinare la partecipazione della democrazia, si badi bene, a tutti i partiti, non solo quelli al governo ma anche quelli all’opposizione che in questo articolo si rende manifesto quanto espresso nell’articolo 1 legando ad essi la sovranità popolare, il carattere democratico della forma repubblicana, il riconoscimento di partecipare tutti con le proprie idee e convinzioni politiche alle scelte del governo ed alle osservazioni dell’opposizione, perché entrambe portate avanti da partiti che sono riconosciuti dalla nostra Costituzione perché espressione della libera associazione dei cittadini (che l’articolo 3 afferma essere tutti uguali davanti alla legge senza distinzioni e dunque tutti in grado di esprimere una propria idea politica e di partecipare delle scelte dello Stato). Per Basso i partiti consentono di superare la vecchia logica de sistema parlamentare di impostazione liberale, perché esprimono “le differenze effettive del popolo reale”. Sono i partiti, banditi ricordiamolo sempre dal regime fascista contro il quale i nostri costituenti hanno lottato e Basso con loro, i massimi garanti che questa unitaria volontà corrisponda quanto più possibile agli interessi della popolazione. Sono essi il tramite fra la sovranità popolare riconosciuta dall’art. 1 quale fondamento dello Stato italiano e gli organi deputati a realizzare la sua volontà in forma di legge.

La riforma Renzi- Boschi ed il ruolo dei socialisti

Ricostruito il percorso che ha portato il massimo costituente socialista ad inserire nella Carta costituzionale il riconoscimento dell’inviolabilità dei diritti di ogni cittadino ad esprimere una propria opinione, il ruolo dello Stato che riconoscendo l’esistenza di un ordine sociale difforme da quanto affermato come diritto inviolabile di tutti si deve impegnare a rimuovere gli ostacoli che vi si frappongono, il ruolo dei partiti come espressione massima della volontà popolare e portatori delle diverse istanze della gente che vive quotidianamente le difficoltà più diverse e vuole contribuire col voto a determinare le scelte politiche nazionali dei singoli governi, come potrebbe essere possibile che i socialisti oggi sostengano le ragioni della riforma Renzi-Boschi che di fatto toglie la voce alla gran parte dei cittadini, non riconosce valide e degne di nota le opinioni differenti dal partito che con una risicata maggioranza potrebbe controllare l’intero Parlamento, stravolto peraltro nella sua forma e nelle sue funzioni dall’abolizione di fatto dei contrappesi necessari presenti nella formulazione di una Camera e di un Senato con pari dignità giuridica ed introduce parlamentari nominati direttamente dal Presidente del Consiglio?  Per me tutto questo se per un comune cittadino è inaccettabile, deve esserlo a maggior ragione per chi si definisce nel socialismo, nei suoi principi, nei suoi obiettivi, nel suo orizzonte di trasformazione sociale complessiva attraverso passaggi graduali ed il metodo democratico del confronto delle idee diverse.

Per mantenere la democrazia in Italia, continuare a far sentire ciascuno la nostra voce, confrontarci sui problemi reali e trovare delle soluzioni possibili, al Referendum di ottobre diciamo NO all’attacco del governo Renzi ai nostri diritti in nome della nostra bella inimitabile Costituzione, amata e studiata in tante parti del mondo.

Marco Zanier.


[1] Aldo Aniasi, “Maestro di socialismo”, intervento pubblicato in “Lelio Basso”, edizioni Punto Rosso 2012, p. 137

[2] Stefano Rodotà, “Vocazione costituente” (estratti dal discorso commemorativo tenuto il 15 novembre 1988 presso la sala Zuccari del Senato della Repubblica) ora in “Lelio Basso”, ed. Punto Rosso cit., p. 47

[3] Chiara Giorgi, “Un socialista del Novecento. Uguaglianza libertà e diritti nel percorso di Lelio Basso”, Carocci editore, 2015

[4] Lelio Basso, “Interventi”, a cura di F. Livorsi, “Stato e Costituzione”, atti del convegno organizzato dalla Fondazione Basso- ISSOCO e dal Comune di alessandria, Marsilio, 1977, p. 130

[5] Lelio Basso, AC, A, 6 marzo 1947

 

Tra le tante ragioni per votare NO, la coerenza, di Roberto Biscardini

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Biscardini

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La segreteria del Psi di Nencini ha annunciato che i socialisti voteranno SI al Referendum costituzionale in conformità con il voto dato in parlamento, perché leali con Renzi e per coerenza con le cose che avrebbero sostenuto in passato.
La prima ragione è vera la seconda è falsa.

Qui la coerenza non c’entra. Anzi i socialisti in tutti questi anni hanno contestato che un Parlamento di nominati ed eletto con un sistema maggioritario potesse cambiare la Costituzione per rispondere ai soli interessi del partito di governo.

Anzi il PSI aveva fatto di più, non più tardi del 2009, già con Nencini segretario, si fece promotore di una proposta di legge di iniziativa popolare dal titolo “Elezione diretta dell’Assemblea Costituente per la revisione della Costituzione”, che per debolezza e difficoltà organizzative non riuscì poi a portare a termine.

Ma nella relazione che accompagna quella proposta di legge sono scritte cose molto chiare, che smentiscono la posizione della segreteria del Psi di oggi.

Nella relazione alla proposta di legge di allora, elaborata da me insieme a Rino Formica e Giuliano Vassalli, è scritto:

La necessità di un revisionismo costituzionale nasce nell’opinione pubblica a partire dagli anni ’70, generata e alimentata dai radicali cambiamenti avvenuti nel tessuto socio-economico del Paese, cambiamenti resi possibili proprio dalle lungimiranti scelte operate dai padri costituenti in materia di libertà civili, politiche ed economiche….”

“…. con la modifica delle leggi elettorali a partire dagli anni ’90, il Parlamento modifica di fatto la Costituzione e il suo spirito originario, la Costituzione “materiale” non corrisponde più a quella “formale”…. La sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, della politica, dei partiti e persino dello Stato nelle sue articolazioni centrale, regionale e locale ha raggiunto un livello mai conosciuto dal dopoguerra. Il sistema istituzionale mostra i segni di un cedimento strutturale. L’attuale forma di governo è un ibrido, abbiamo ancora costituzionalmente un sistema di governo di tipo parlamentare, ma con un Presidente del Consiglio di fatto eletto direttamente dai cittadini. La forma dello Stato è in bilico tra Stato unitario e Stato federale. Siamo di fronte a cessioni di sovranità al federalismo sopranazionale e cessioni di sovranità al federalismo infranazionale. Debole è il collegamento tra garanzia assoluta delle libertà politiche e sviluppo tendenziale dei diritti sociali….”

“…. L’idea che si possa cambiare la seconda parte ma non la prima, non riconoscendo il valore essenziale dell’inscindibilità dell’intero testo costituzionale, è un non senso che rischia di mettere in pericolo principi e valori, riducendo la prima parte ad essere “isolata e muta”….”

“…. Per trent’anni si è cercato di porre mano ad un problema reale facendo ricorso a Commissioni Parlamentari e a forme di manutenzione marginale della Costituzione, nella illusione che solo l’introduzione di leggi elettorali maggioritarie avrebbe reso più agevole l’uso dell’art. 138 della Costituzione ….”

“… I socialisti pensano oggi, come hanno sempre sostenuto in passato, che la via maestra sia dare la parola al popolo. La proposta di iniziativa popolare per l’istituzione di una Assemblea Costituente è nel solco della tradizione democratica e popolare dei socialisti, riconosce come essenziale per il Paese una Grande Riforma, tende ad evitare che tentazioni contraddittorie di separatismo politico e territoriale distruggano l’immenso contributo di sacrifici e di sofferenza che il popolo italiano ha dato per la costruzione di una libera Repubblica.

Art. 1. Il popolo italiano, a suffragio universale e diretto, elegge l’Assemblea Costituente della Repubblica italiana. L’assemblea Costituente redige e adotta la nuova Costituzione.

Art. 2. L’assemblea Costituente è composta da settantacinque membri eletti con metodo proporzionale atto a garantire la massima rappresentatività e disciplinato con legge ordinaria.

L’Assemblea Costituente è eletta entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

Sono eleggibili tutti i cittadini italiani maggiorenni che abbiano i requisiti di eleggibilità alla Camera dei Deputati, ad eccezione dei membri del Governo, del Parlamento italiano, del Parlamento europeo.

(seguono altre 5 articoli)”

Da questa proposta si capisce bene che i socialisti non sono mai stati dalla parte della conservazione tout court della Costituzione così come è, ma come nel ’46 hanno condizionato la riforma della Costituzione alla elezione di una Assemblea costituente eletta direttamente dal popolo e con sistema proporzionale.

E a questo i socialisti sinceri sono rimasti fedeli.

E’ questa una delle tante ragioni per votare e costituire i Comitati socialisti per il NO.

Roberto Biscardini

Una ottima ragione per votare NO, di Alberto Benzoni

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Alberto Benzoni

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Italiani, rassicuratevi”- dice Renzi -“non chiederò un terzo mandato; anzi mi ritirerò dopo avere completato il secondo”.

Per la verità, questa dichiarazione non ci rassicura affatto; anzi. Perché è la classica promessa del classico caudillo: che si tratti di Putin, di Erdogan o dei vari leader più o meno carismatici dell’Africa o dell’America latina. Impegni o promesse che, tra l’altro, al dunque vengano regolarmente disattese, aprendo così la strada a involuzioni di tipo autoritario. Per inciso, tutti costoro sono presidenti delle repubblica eletti dal voto popolare; mentre il Nostro è stato designato presidente del consiglio nell’ambito di un sistema parlamentare.

In questo senso, la sua dichiarazione è una novità assoluta. Mai successo nella storia dell’Europa democratico-liberale. Non si era mai visto un presidente del consiglio designato dal presidente della repubblica che avesse una concezione così proprietaria del suo ruolo da annunciare all’Italia tutta che intende esercitarlo sino alla fine della prossima legislatura ( salvo, potetene esserne certi, a rimangiarsi , al dunque, la promessa, perché l’opera di risanamento non è stata completata, perché i successori non sono all’altezza e via affabulando).

O niente o tutto. A fare questa scommessa e da presidente della repubblica, solo il generale De Gaulle. Uno che aveva liberato e incarnato la Francia. Mentre il suo maldestro imitatore si è limitato ad occupare Il Pd e ad incarnare Firenze.

Molti continuano a chiedersi quale sia la piattaforma più corretta per la campagna del no. Entrare nel merito della riforma ( ma allora sarebbe più serio se ci fossero quesiti separati) ? Valutare la riforma nell’ambito dell’attività complessiva del governo ? Personalizzare ?

Inutile arrovellarsi su questo tema. Perché il senso del quesito che viene proposto sta, in questo come in quasi tutti in casi, nell’interpretazione che ne dà  chi lo promuove.

Renzi vuole un “mandato del cielo”che gli consenta di muoversi, libero da ogni condizionamento, per completare la sua opera di rottamazione; “se io vinco, tutto e tutti a casa”. “ O me o tutti gli altri”.

E allora, cittadini, “volete voi attribuire tutto il potere a Matteo Renzi e alla cerchia di amici e sostenitori che gravita intorno a lui”. E non c’è altro da aggiungere; perché, nel caso specifico, il caos evocato dal premier, in caso di una sconfitta, sono tutti gli altri; le persone e le istituzioni della repubblica.

Alberto Benzoni

Un NO rotondo e motivato, fermo, deciso e intransigente, ma sempre sereno e pacato. Come nel referendum cileno di Pinochet votare NO con allegria, di Felice Besostri

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Besostri 2

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Una proposta di revisione costituzionale, come la Renzi Boschi non avrebbe avuto alcuna probabilità di passare nella XIIIa Legislatura (1996-2001) in una Commissione Affari Costituzionali, dove ero il capogruppo dei DS ed era presieduta dal prof. Massimo Villone e non dalla senatrice Finocchiaro. In questa riscrittura di 48 articoli della Costituzione manca la trasparenza: il primo ministro è di fatto eletto direttamente, grazie ad un ballottaggio, cui si accede senza quorum di partecipazione al voto e/o di percentuale delle liste ammesse, ma formalmente facendo salve le prerogative del Presidente della Repubblica come prevede la forma di governo parlamentare: quella scelta dai padri costituenti. Malgrado l’ art. 92.2 Cost. 1 potrebbe il Capo dello Stato nominare Presidente del Consiglio dei Ministri un personaggio diverso da quello indicato come capo politico della lista, che dispone almeno di 340 seggi su 630 della Camera? No! Lo scriveva sul Sole 24 Ore del 26 aprile 20152 il prof. D’Alimonte, quindi dicono il falso i sostenitori del SI’, quando dicono che non è cambiata la forma di governo: questa passa da parlamentare a un premierato assoluto.

La preoccupazione maggiore è che questa revisione sia un antipasto di quella vera, fatta non più da un Parlamento di 945 parlamentari eletti più 6 senatori a vita o di diritto, ma da una Camera di 630 deputati e da un Senato a mezzo servizio di 100 membri. I principi fondamentali sono già stati toccati e proprio l’art. 1.2 Cost.3, togliendo al popolo sovrano il potere di eleggere il Senato, come gli è stato negato il diritto di eleggere gli organi provinciali e delle Città metropolitane. L’elezione diretta di un Senato di 100 membri non avrebbe migliorato la situazione. La vera soluzione, che avrebbe avuto ampio consenso, era la riduzione della Camera a 400 deputati e del Senato a 200 in totale 600 invece di 7304: un risparmio maggiore dei costi della politica5. L’altra soluzione sensata era di passare davvero ad un Parlamento monocamerale con una legge elettorale proporzionale, corretta da una soglia di accesso. Per dare stabilità ai governi basta la sfiducia costruttiva. I premi di maggioranza non sono conformi alla Costituzione, perché se vincolano il parlamentare , eletto grazie al premio, sono in contrasto con l’art. 67 Cost6., che vieta il mandato imperativo. Se, invece, non lo vincolano ,come è avvenuto nelle legislature conseguenti alle elezioni del 2006, 2008 e 2013, si sacrifica gravemente e inutilmente la rappresentatività.

L’attuale Senato è composto da 315 senatori eletti su base regionale. Il nuovo “ Senato della Repubblica è composto da 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da 5 senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica L’art. 57 Cost. revisionato è inapplicabile perché richiede che i consigli regionali e di provincia autonoma eleggano i senatori “con metodo proporzionale”, impossibile quando i senatori siano 2 o 3 in totale, di cui uno sindaco. Ebbene è il caso di 11 regioni e 2 province autonome su 21, cioè la maggioranza. Con i sindaci tutti e i 5 di nomina presidenziale il totale dei senatori non eletti con sistema proporzionale è il 36% del nuovo Senato. Con un popolo informato la vittoria dei NO è scontata, ma questo deve essere evitato ad ogni costo. Quindi nella parte finale della campagna referendaria ci sarà il terrorismo politico-finanziario sulle famiglie che hanno un mutuo a tasso variabile: il diritto di voto dei cittadini sarà espropriato dalle agenzie di rating, dal FMI e dalla BCE: alla faccia del voto libero, uguale e personale previsto dal nostro art. 48.2 Cost..

Il passaggio alle elezioni di secondo grado, che per gli enti locali territoriali è in contrasto con la Carta Europea dell’Autonomia Locale ratificata dall’Italia- serve solo a sapere chi governerà la seraprima delle elezioni, ridotte a una farsa e nel caso del Senato- a differenza di cosa vuol far credere la propaganda a favore del SI’ del PSI- non saranno rappresentati, né i maggiori Comuni, né le Città metropolitane, ma i consiglieri regionali sindaci dei Comuni sotto i 5.000 abitanti: gli unici che possono permettersi di fare i Senatori senza indennità. Le eccezioni saranno rappresentate da sindaci, che abbiano urgenza di avere l’immunità, che non si giustifica per chi non rappresenta più la Nazione, rappresentanza che il nuovo art. 67 Cost. riserva ai soli deputati.

La revisione costituzionale è stata fatta in fretta dettata da esigenze di dimostrare chi comanda, Bossi usava un’altra espressione genitale, ma il concetto è lo stesso e quindi approvazione in ogni caso e a ogni costo. Si è arrivati all’assurdo, che i Sindaci metropolitani, se si fanno eleggere direttamente dai cittadini, insieme con il Consiglio metropolitano, non possono essere più eletti senatori e se lo fossero stati, come Sindaci del Comune capoluogo, dovrebbero decadere. Per dare un contentino ad alcuni esponenti della minoranza PD, hanno accolto un emendamento al V° comma del famigerato nuovo art. 57 Cost., per il quale a un comma che riguardava la durata del mandato dei Senatori “eletti” è stato, in aggiunta, specificato “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma”. Non essendosi cambiati né il II°, né il primo periodo del V° comma, né il VI° comma , sostituendo le parole “eleggono”, “eletti” ed “elezione” rispettivamente con “nominano”, “nominati” e “nomina” il legislatore boschian-renziano ha combinato un bel pasticcio. Se le scelte espresse dagli elettori fossero vincolanti, come indicherebbero le parole “in conformità” quella del Consiglio sarebbe una nomina e non una elezione. Inoltre l’ultimo periodo del VI° comma, per cui “i seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun consiglio” impedirebbe che i futuri Senatori potessero essere scelti unicamente in base alle scelte degli elettori, cioè non tenendo conto dei premi regionali di maggioranza, di norma superiori a quelli dell’Italikum (54%), perché arrivano al 60% e più, se contassero anche il seggio consiliare attribuito al Presidente della Regione. Questa confusione è stata dettata dal fatto che l’abolizione dell’elettività diretta del Senato non è stata una scelta meditata, ma improvvisata, dettata dall’impossibilità di trovare un algoritmo, che contro la volontà degli elettori, attribuisse un premio di maggioranza politicamente omogeneo nelle due Camere. Per demagogia populista e per parlare al basso ventre dei cittadini si è stabilito che i nuovi Senatori non avranno un’indennità di carica aggiuntiva a quella di cui godono come Consiglieri regionali o Sindaci. I senatori a vita e quelli di diritto(ex Presidenti della Repubblica godranno delle indennità piene, mentre per i nuovi di nomina presidenziale non è chiaro. Tuttavia se la logica è che i senatori consiglieri regionali e i sindaci non ricevono indennità perché già ne godono di un’altra, che succede se i 5 senatori a tempo non sono né consiglieri regionali, né sindaci? Devono essere ricchi di famiglia o pensionati d’oro? e l’uguaglianza dei cittadini dove la mettiamo?

Il vertice della confusione, che contrasta con la semplificazione annunciata e sbandierata, è raggiunta nel procedimento legislativo regolato dall’art. 70 Cost., che nella formulazione vigente7 è di una chiarezza esemplare di nove parole. Il nuovo non è possibile trascriverlo: sei commi e molte centinaio di parole. Non le ho contate, ma ho letto che son più di novecento, chiederò conferma ad un esponente del SI’ a uno dei prossimi e rari confronti. Tante parole ma poco chiare perché ho sentito parlare di 5, 7 e anche 9 procedimenti legislativi diversi, perché oltre che l’art. 70 Cost. entrano in gioco anche gli artt. 72, 77 e 117 Cost.. Il conflitto Stato/ Regioni può diventare conflitto Camera/Senato con rischi di incostituzionalità delle leggi per violazione del procedimento e il rischio di conflitto di attribuzione con le Regioni non è evitato, poiché per alcune materie, già di competenza concorrente, l’esclusiva competenza statale è limitata alle norme generali e comuni, cioè queelo che avrebbe dovuto fare con le materie di competenza concorrente.

Il dominio dell’esecutivo, cioè del Presidente del Consiglio dei Ministri non è solo di fatto avendo una maggioranza precostituita di 340 seggi più una quota dei 12 della circoscrizione all’estero, ma di diritto potendo chiedere l’approvazione di leggi a data certa entro un termine di poco superiore a quello di ratifica dei decreti legge, che quindi solo formalmente sono stati limitati. Inoltre è stata introdotta una clausola di supremazia8, che in una democrazia parlamentare introduce una pericolosa novità: una materia, formulata in termini general-generici, riservata all’iniziativa legislativa del solo Governo, come unico rappresentante dell’interesse nazionale, quando la Costituzione affida ad ogni singolo parlamentare la rappresentanza della Nazione. In pratica quando vuole lo Stato si riserva di intervenire senza limiti comprimendo l’autonomia regionale.

Dire mezze verità, che come insegna il Talmud, sono bugie intere è la regola. Dicono che sono stati aumentati i quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica: è vero a metà. Dalla quarta votazione sono richiesti i 3/5 e non più la maggioranza assoluta dei componenti di un’assemblea composta da Camera, Senato e delegati regionali, un migliaio di persone, ma dalla settima bastano i 3/5 dei votanti, che possono essere meno della maggioranza assoluta, che a revisione approvata è comunque ridotta dai 505 attuali9 ai 367 post-revisione10. I 3/5 degli aventi diritto a Costituzione riformata sarebbero 440, ma i 3/5 dei votanti con 80 assenti sono appena 390 un quorum facilmente raggiungibile da chi parte dai 340 del premio di maggioranza.

L’altro organo di garanzia la Corte Costituzionale, la Corte Costituzionale di 15 membri, 5 designati dalle magistrature superiori, 5 nominati dal Presidente della Repubblica, 5 eletti dal Parlamento, non più in seduta comune , ma 3 dalla Camera dei Deputati e 2 dal Senato ben potrebbe avere una maggioranza di designazione politica, determinata dal Partito o gruppo parlamentare, beneficiario del premio di maggioranza, che elegga il Presidente della Repubblica, potendo contare sui 5 di nomina presidenziale e di 3 di elezione parlamentare, cioè della maggioranza di 8 su 15. Il quorum dei 2/3 e poi dei 3/5 è una garanzia diversa se i votanti sono i 945 del Parlamento in seduta comune o i 630 della Camera ovvero i 100 del Senato, di nomina presidenziale e di elezione da parete di Consigli regionali eletti con sistemi iper-maggioritari.

Nella revisione le pochissime innovazioni positive come i referendum propositivi non sono di immediata entrata i vigore ma rinviati ad una legge costituzionale futura, non si sa quanto prossima e gli istituti di garanzia delle opposizioni aspettano norme regolamentari di cui la maggioranza parlamentare drogata dal premio di maggioranza. Un po’ poco rispetto alle ragioni per il NO illustrate e che sono aggravate dalla legge elettorale per la Camera, che prescinde dalla sentenza di annullamento del Porcellum , anzi ne è una plateale elusione. D’altra parte cosa c’era da aspettarsi da un Parlamento eletto con una legge incostituzionale? Che manometta la Costituzione e sconfessi la Corte Costituzionale.

Milano 10 giugno 2016, nell’anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti

Felice Besostri

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1“Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”

2 “Gli elettori sceglieranno chi governa ma il sistema non sarà «presidenziale»” Commento: purtroppo, cioè senza una netta divisione dei poteri e senza quel sistema di checks and balances, che lo caratterizza.

3“La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”

4 Per esempio il ddl costituzionale A.S. n.1195

5 400+200=600˂630(sola Camera)˂630+100(Camera+Senato)

6“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”

7 “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”

8“Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica ed economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”(art. 117.4 Cost.rev.).

9 Deputati 630+ Senatori 315+Delegati regionali 58+Senatori a vita 4+Senatori di diritto 2= 1009

10 Deputati 630+Senatori 100+Senatori di diritto 2=732

Area Socialista registra un sensibile arretramento dell’area politica progressista

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Area socialista logo 1

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Area Socialista sottolinea l’avanzata impetuosa del populismo politico e demagogico a questo primo turno delle elezioni amministrative, in particolare nelle grandi città capoluogo. Esso è apparso assai più convincente di quello esercitato dal ‘Palazzo’. Il primo turno del voto, certamente caratterizzato da un forte astensionismo e dalla peculiarità del voto amministrativo, registra un sensibile arretramento dell’area politica progressista nel suo complesso e ne evidenzia la fragilità quando essa si presenta divisa e frastagliata. La prospettiva del ‘Partito della Nazione’ appare chiaramente indebolita da questo voto, così come, al contrario, le forze che si oppongono al Governo, seppur disomogenee, sono significativamente in aumento, segno di un netto ripiegamento della maggior forza di Governo e del ‘mancato plebiscito’ richiesto, anche in questa occasione, dal premier, che ha monopolizzato il voto amministrativo anticipando il giudizio referendario.

Area socialista ringrazia i compagni candidati aderenti e simpatizzanti per l’impegno profuso in campagna elettorale in diversi schieramenti dell’area del centrosinistra o autonomi. Colpisce il fallimento elettorale delle liste presentate da Nencini in grandi capoluoghi come Roma e Napoli: una gestione personalistica e subalterna al Pd, in particolare negli ultimi tre anni, hanno prodotto lo svuotamento del voto socialista, al quale é necessario far fronte con un’efficace e pronta discontinuità. Facciamo appello anche ai compagni iscritti al Psi, affinché convergano su posizioni autonome di rilancio e di iniziativa dell’area socialista, a partire dal referendum sulla Costituzione e per la promozione di un’Assemblea costituente che ripari allo scellerato disegno di Matteo Renzi. Nella crisi economica e sociale s’ingrossano i movimenti politici demagogici e confusionari: la sinistra riformista, se non riqualifica la propria azione politica, segna il passo. Area socialista é sul terreno per scongiurare che si apra un vuoto politico per l’assenza dell’esperienza della limpida e coerente tradizione del socialismo italiano. Il voto dimostra che l’autosufficienza del Pd risiede solo nel velleitarismo della sua guida, che ne ha rilanciato la necessità nonostante il voto abbia clamorosamente dimostrato il contrario.

Roma, 6 giugno 2016.

No al suicidio assistito dei socialisti no a false riforme, no ai dilettanti, di Angelo Sollazzo

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Angelo Sollazzo 2

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Il dibattito sempre più aspro sulle false riforme elettorali e costituzionali sta facendo uscire la diatriba fuori dal confronto politico e sfocia in accuse ed offese con uno spettacolo indecoroso della politica.
Diventa sempre più evidente che serve il ritorno alla serenità ed alla pacatezza in un contrasto che, pur importante, non deve uscire fuori dalla normale dialettica politica.

Ciò non significa che viene richiesta una diversa posizione sul motivo del contendere, ci mancherebbe altro, ma le offese spesso sono gratuite, non portano da nessuna parte e trasformano il confronto in tifo calcistico che talvolta, come sappiamo, arreca violenza.
Per i socialisti non si dovrebbe porre il problema in quale delle due squadre stare, l’importante è avere chiara la concezione di cosa é stato e cosa dovrà essere il socialismo.
I socialisti sono stati tra i fondatori della Repubblica, hanno dato un contributo determinante alla redazione della Carta Costituzionale, hanno impegnato gli uomini migliori per contribuire a dare al Paese regole e leggi di alto profilo .

Oggi accade che dilettanti presuntuosi, dichiarati non legittimati dall’Alta Corte, perché eletti con una legge incostituzionale, si permettono di sostituire con la Signorina Boschi i vari De Gasperi, Benedetto Croce, Togliatti, Nenni ed altri padri della Repubblica, con riforme discutibili dal punto di vista giuridico ed inaccettabili da quello politico.

Si passa di fatto da una democrazia parlamentare a quella presidenziale, se ne riducono gli spazi e indipendentemente da quello che dice Renzi, si producono gli effetti dell’uomo solo al comando.
Meno democrazia, meno controlli sull’operato dell’Esecutivo porta al declino del potere legislativo in favore di quello del Governo.

Già oggi, in verità si governa con Decreti Legge, con voti di fiducia a raffica, e raramente una legge di iniziativa parlamentare viene approvata.

La separazione dei poteri è stata voluta dai padri costituenti proprio per evitare che un Capo, con attorno a se un gruppo dirigente devoto e prostrato, con un approccio populistico al consenso, possa agire a proprio piacimento, cancellare ogni dibattito e la stessa democrazia all’interno del proprio partito, e farci assistere allo spettacolo di chi la spara più grossa per eccitare la coscienza anti-potere di parte del popolo. Si dimentica Nenni che affermava che “ prima o poi arriva un puro più puro che ti epura”. Avere combattuto, senza cautela e distinzione alcuna, la cosiddetta casta, ha portato al comando dilettanti senza preparazione ed esperienza, con il solo obbiettivo di distruggere l’esistente, senza la capacità di proporre alternative valide , senza la conoscenza della macchina dello Stato, e con un operato da risultati disastrosi. Lo Stato non viene più concepito come tutore e difensore degli interessi di tutti, anzi è l’interesse del singolo che sovrasta quelli di tutti, si cade nell’egoismo sfrenato, si perde la coscienza e si disconosce lo stesso concetto di bene comune.
Ciò che fa specie é la faccia tosta, in una situazione difficile e di grande crisi, nell’affermare che la situazione sta migliorando e che il proprio operato è coronato da pieno successo.
Ora in molti ci siamo esercitati nell’individuare qualche ispiratore di tale capacità comunicativa, avendo già superato la battuta berlusconiana dei”ristoranti pieni”, ma né Vanna Marchi, con le vendite televisive dei filtri per il malocchio, ne i vari venditori di materassi e pentole, possono essere accostati al nostro Premier.

Il fallimento del Job-act è stato certificato in questi giorni: i risultati sono peggiori del 2014, negli ultimi tre mesi, finita la sbornia degli incentivi, abbiamo avuto un 77% in meno dei contratti a tempo indeterminato, il precariato è aumentato del 22% e gli assunti con lo schiavismo dei vouchers sono aumentati del 45%. Bel risultato che ha visto l’Italia dilapidare 14 miliardi di euro per la gioia di FIAT e soci. L’Europa ci consente una flessibilità di altri 14 Miliardi ma ci rimprovera e ci avverte che non tollera altre scorciatoie che vengono messe in essere per far quadrare i conti, debito greco docet. La verità vede il fallimento del Governo in economia su tutta la linea, cresciamo meno di tutti, superiamo solo la Grecia e ciò avviene con il petrolio che balla attorno ai 30 dollari al barile, con il dollaro vicinissimo all’euro e con la BCE di Draghi che pompa danaro. Dovevamo avere sviluppo e crescita con tali elementi favorevoli, invece dobbiamo accontentarci di una crescita dello zero-virgola con la produzione industriale crollata.

In Europa non abbiamo nessuna credibilità, spesso Renzi viene deriso e la nostra politica estera è inesistente. I successi di Renzi vanno misurati nel dare mance a settori e categorie, vedi gli ottanta euro e bonus vari elargiti o promessi a giovani , famiglie e pensionati. Da non trascurare il capitolo delle nomine , in gran parte fiorentine, con pseudo-riforme che hanno peggiorato la situazione, vedi RAI e buona scuola, e con provvedimenti che hanno fatto scatenare la Magistratura. Dalle banche popolari, a quelle cooperative , da Etruria, Marche, Vicenza etc. è stata tutta una sequela di scandali e inchieste. Se questo è governare, dimenticando anche il voto di scambio, allora siamo proprio alla frutta.
La prima Repubblica veniva indicata come madre di tutte le corruzioni, in questa neo-nata abbiamo avuto gli scandali Expò,Mose,Terremoto dell’Aquila, RomaCapitale, Basilicata-TotalPetroli ed altro ancora. La seconda batte la prima Repubblica 100 a 1. Prima si finanziavano i Partiti oggi le tasche di tanti personaggi del nuovismo e della rottamazione. La distruzione dei Partiti ha avuto un risvolto perverso. I partiti avevano la funzione fondamentale di selezionare le classi dirigenti, di un serio controllo dell’operato, evitavano il rampantismo ed il dilettantismo. Prima la gavetta, poi gli incarichi di alto livello. Oggi si è ministri per effetto di amicizia fanciullesca. La riduzione degli spazi di democrazia ha fatto crescere la corruzione, i cosiddetti partiti liquidi permettono le più grandi nefandezze, senza possibilità di giudizio da parte della base ma lasciando ogni potere al padre-padrone.
La legge elettorale Italicum è chiaramente incostituzionale, ripercorre la famosa legge truffa, impedisce il diritto di rappresentanza a tutte le componenti politiche minoritarie. Per i socialisti tale legge sarà un suicidio annunciato. Il Senato non viene abolito, viene solo nominato anziché eletto dal popolo, i neo-senatori, pur con responsabilità importanti, saranno i parlamentari del fine-settimana, in quanto consiglieri regionali e sindaci che dovranno dedicarsi anche ad incarico nazionale con disponibilità di tempo limitata. L’esperienza del Sindaco e del Consigliere Regionale porta a ritenere impossibile assolvere nel migliore dei modi ai due impegni istituzionali, a meno di conduzione allegra di una delle cariche.

Sarebbe stato meglio dimezzare i Parlamentari, con un notevole risparmio, consentire l’elezione diretta del Senato e togliere allo stesso solo la doppia lettura delle leggi ed il voto di fiducia al Governo. Si è preferito invece un altro pastrocchio dopo quello della abolizione delle Province. 
Per riformare la Costituzione si ritorni all’idea di una Assemblea Costituente fatta da eletti del popolo, non da nominati, da studiosi ed esperti, non da dilettanti ed amici dell’oratorio. Credo che basti. Molti errori sono stati commessi dai socialisti . Quando non si presentano le liste con il simbolo alle politiche, quando si eleggono alcuni parlamentari, in casa altrui, garantendo che al ritorno in Parlamento il Partito avrebbe fatto “sfracelli”, invece siamo passati nei sondaggi dall’ 1,4% allo 0,2%, allora c’è da chiedersi se non è il caso di ripensare e cambiare il tutto.
In tutto questo al Referendum i socialisti non possono che votare NO, a meno che vogliano rinunciare ai fondamentali del socialismo, al motivo stesso di chiamarsi socialisti, alla loro collocazione chiara di sinistra, al cambiamento della ragione sociale del Partito. Le mutazioni genetiche hanno sempre portato male, siamo ancora in tempo a ritrovare l’unità e dire tutti insieme NO alle false riforme e NO al governo di destra di Renzi.

Siamo certi che questo è il pensiero della stragrande maggioranza dei socialisti italiani.

Angelo Sollazzo